L’onda ribassista dell’S&P500 che congiunge il massimo di agosto con il minimo di ottobre 2022 misura 825 punti: da 4327 a 3502. L’87.50% di detto range è pari a 825 x 0.875 = 722 punti. Sommando 722 a 3502 (il minimo di ottobre) si ottiene 4224. Il massimo toccato venerdì scorso è stato di 4227.Al tocco di , in concomitanza con un po’ di (a mio avviso inutili) bla bla di vari personaggi della FED, compreso Powell e perfino il resuscitato Bernanke, il mercato si è ritratto, mostrando la consueta iper-sensibilità, chiudendo poi al magico valore di 4200 che ha fatto incassare un oceano di put vendute a quel livello che scadevano alle 22 (ora italiana).Poi è scivolato ancora di poco più di un punto nell’ora successiva prima che il mercato chiudesse per il weekend. Powell ha detto che potrebbe essere necessario aumentare i tassi meno di quanto ci si aspettasse. Lasciando in sibillina interpretazione se è meno di quello che si aspettava lui o meno di quanto si aspetta il mercato. Proseguendo con una ipotetica interpretazione grafica e numerica dell’andamento dell’S&P500, constatiamo che i 725 punti di rialzo dal 13 ottobre a venerdì scorso sono composti da tre onde rialziste, dove la prima onda ha fatto la performance migliore.
Dal 13 ottobre al 13 dicembre: 3502 – 4180, punti 678
Dal 22 dicembre al 2 febbraio: 3788 – 4208, punti 420
Dal 13 marzo al 19 maggio: 3839 – 4227, punti 388
(per il momento, non sappiamo se l’onda è completa, e forse non lo è).
I valori descritti forniscono una idea numerica dell’appiattimento della salita al passare del tempo. Prima del doppio massimo di agosto, 100 punti più in alto del massimo di venerdì scorso, il livello tecnico intermedio è costituito dal 93.75% del range agosto-ottobre 2022: valore che è situato a 4276, che è quindi la resistenza successiva a 4224 e precedente al citato doppio massimo di 4327. Un ipotetico raggiungimento del livello 4276, farebbe assumere all’ultima onda rialzista il valore di 438, appena superiore all’onda precedente di 420. Il rialzo complessivo dal minimo di ottobre sarebbe di 774 punti. Il prezzo 4276 ha un ulteriore significato nella nostra mappa del mercato. Alcuni algoritmi proiettano a 4571 il massimo tendenziale di lungo termine dell’S&P500 (possibile massimo da raggiungere entro la fine della primavera 2024) e 4276 è il 37,5% del range futuro disegnato dal nostro algoritmo dal minimo del 22 dicembre all’ipotetico massimo di lungo termine di cui sopra. Se fossimo entrati in una fase realmente (anche se moderatamente) rialzista la visione sarebbe quella di una tendenza ad andare gradualmente nella direzione descritta sopra, che costituisce, appunto la mappa rialzista del mercato. Sappiamo che siamo entrati, dalla metà della scorsa settimana, nell’annunciata area di rischio: i nuovi massimi dell’S&P500 sono stati accompagnati da graziosi rumors, riguardanti la possibilità di un accordo fra democratici e repubblicani per l’innalzamento del debito federale. La stampa e molti analisti (a nostro avviso in modo un po’ superficiale) sono sempre più allineati a prevedere un accordo dell’ultimo minuto, come si è verificato in passato molte altre volte (in questo senso, la statistica è a loro favore). Nondimeno hanno molto più da perdere i democratici che non i repubblicani da un mancato accordo, e questa è la variabile critica che si era già verificata nel 2011, e che la memoria corta della finanza non sembra tenere in dovuta considerazione.
Continuiamo ad invitare alla prudenza, perché siamo in piena area di rischio, accentuata ancora di più dalle ottimistiche visioni di ritorno alla normalità che vediamo diffondersi, anche grazie alle buone performance degli indici europei e mondiali. Se sbagliamo, avremo sbagliato per eccesso di prudenza.
Una discesa del mercato conseguente ad un evento negativo legato al debito federale può essere molto brusca e comportare una accelerazione di volatilità parecchio sgradita per tutti i portafogli. Non si tratterebbe, secondo noi, di un evento di lunga durata: i repubblicani hanno la convenienza a provocare una pessima figura a Biden, ma non possono esagerare. Devono giocare sulla intransigenza dell’ala sinistra dei democratici (il vero punto debole di Biden), e l’ipotesi di far saltare il banco è tutt’altro che improbabile ed è quello che temiamo.
Le agenzie di rating hanno dimostrato di essere abbondantemente sull’orlo di una crisi di nervi: basti osservare Moody’s che dopo avere fatto intendere fuoco e fiamme sul rating del debito italiano, non si è presentata nella conferenza prevista per il 19 maggio. “Ci siamo presi un giorno di riposo”, potevano scrivere. Così, prevedere il comportamento delle agenzie nella circostanza del tetto del debito federale americano è semplicemente impossibile, non ci attendiamo nulla di buono comunque: la nostra sensazione è che le agenzie di rating siano sempre meno credibili e sempre più inquinate da problemi che ne minano alla radice l’effettiva presunta indipendenza. Il caso Moody’s è stato vergognosamente eclatante ed è talmente colma la vergogna, che nessun commento è arrivato da parte loro. Come spiegato altre volte, non ci troviamo in una condizione esattamente paragonabile con il passato, perché mai la quantità di liquidità iniettata sul mercato era stata così abbondante. Questo rende tutto maledettamente diverso e il fatto che il 2022 sia stato l’anno peggiore quanto a previsioni azzeccate dagli analisti la dice lunga. Ma, in passato, abbiamo sempre detto: “Questa volta è diverso”. Poi, alla fine, era sempre troppo simile al passato… così, un po’ di disorientamento ci sta, ed è inevitabile.
E quando non comprendi esattamente che cosa sta avvenendo, stai a guardare. Credo lo abbia detto Gann, e in questo caso siamo totalmente d’accordo con lui.
C’è un fenomeno macroscopico a livello mondiale, che costituisce di fatto un enorme e irrisolto problema del capitalismo contemporaneo: sto parlando della anormale distribuzione della ricchezza, con una punta della piramide eccessivamente ricca e un appiattimento verso il basso della piramide. Tale fenomeno crea due diverse conseguenze. Il primo è di ordine psicologico, un crescente senso di frustrazione di coloro che “non hanno” rispetto a coloro che “hanno”; le sempre più diffuse tesi complottiste (ormai su tutto e il contrario di tutto) sono il sintomo evidente di tale frustrazione. La seconda conseguenza è sui mercati finanziari: pochi titoli di grandi compagnie, da soli, trainano gli indici, mentre la massa di piccole e medie imprese rimane sotto-performante. Se guardi l’indice Russell 2000 rispetto all’S&P500 puoi facilmente renderti conto di quanto siano rimaste indietro le piccole e medie imprese. E, anche, di come all’interno dell’S&P500 le imprese più piccole manifestino evidenti contro-trend negativi rispetto ai colossi (quelli che noi chiamiamo i “carrarmati” del mercato). Tutto ciò è un ambiente di fine impero. Possiamo forse andare avanti ancora qualche anno in questo modo: tutti i grandi imperi della storia sono caduti sulla errata distribuzione della ricchezza.
Entro il 2029 aspettiamoci una crisi finanziaria devastante, che noi collochiamo con maggiore probabilità in un periodo compreso fra il 2025 e il 2026. Troppi nodi vengono al pettine tutti insieme. Non significa che la crisi ci ucciderà. La crisi ci farà crescere, speriamo per costruire un mondo finanziario più stabile. Le buone ragioni per adottare un buon sistema di gestione per il tuo portafoglio crescono di giorno in giorno.
Riportimao il grafico comparato della Nostra gestione AI su S&P500 rispetto allo stesso indice.